Fumetti & manga

Da AoT a Sio, lode a chi disegna male e ai fumetti brutti

Quello del fumettista non è un mestiere facile. Uno scrittore deve saper scrivere bene. Un illustratore, invece, deve disegnare altrettanto bene. Poi c’è il fumettista, che deve saper fare entrambe le cose. E avere anche qualche skill di materia cinematografica (perché sceneggiature e inquadrature non si fanno da sole). Certo, si può essere solo sceneggiatori o solo disegnatori, ma è un lusso che pochi possono permettersi. Per lavorare in coppia servono più risorse, più tempo e un progetto comune. Questo funziona se hai una prospettiva di pubblicare oppure sei stato messo a lavorare a un progetto da una casa editrice. Altrimenti, a meno di non essere intimamente amico di un collega sceneggiatore o disegnatore, ripartire il lavoro sarà ben difficile.

Basta vedere in giro, tra i tanti fumettisti nati e cresciuti sul web. Praticamente tutti scrivono e disegnano i loro fumetti. Ma lo fanno perché non hanno avuto scelta. Io stesso mi inserisco in questo gruppo. Non so disegnare bene, eppure ho fatto “di necessità virtù”. Naturalmente, questo comporta dei vantaggi innegabili. Per esempio puoi fare quello che vuoi, senza che un’altra persona possa obiettare alle tue idee. E i tempi, quando si parla di vignette e strisce, si accorciano nettamente. Guardate per esempio i vignettisti dei quotidiani, o anche quelli dei settimanali e dei mensili. tendenzialmente, disegnano tutti male, alcuni malissimo.

Non si può dire che i vignettisti siano tutti Cavazzano

Eppure funzionano bene per due motivi. Il primo è che nella satira il messaggio conta parecchio di più della forma (ho letto migliaia di insulti ai vignettisti, ma mai nessuno sulle proporzioni dei personaggi o sull’inchiostrazione), il secondo è che i tempi di realizzazione sono minimi: hai l’idea, la disegni. È esattamente quello che faccio io con le vignette sui gran premi. Appena finita la gara accendo la tavoletta grafica e inizio a disegnare, poi subito dopo pubblico. Se dovessi lavorare con un disegnatore, dovrei fare uno sketch, spiegare l’idea e mandargliela, perdendo tempo prezioso. Poi si sa: chi disegna male, disegna anche più veloce, e se parli di cronaca non puoi “bucare” la notizia.

Al mondo c’è chi disegna male, e poi chi disegna male benissimo. Mi spiego: lo scopo del fumetto è raccontare, e per raccontare non serve eccedere nei dettagli. Vi faccio un esempio che vale più di mille parole: Sio, il popolare creatore di Scottecs. Simone Albrigi (è quello il suo vero nome) ha dato vita a uno stile che ha fatto scuola. Consapevole dei suoi limiti, ha trasformato una debolezza in un punto forte. Ora, i suoi disegni più che minimali, quasi infantili, sono un marchio di fabbrica, popolarissimi (anche io lo adoro) e ha dato vita a una fitta schiera di imitatori. Che però non lo raggiungono in qualità. perché, come detto, lui disegna male ma benissimo, nel senso che con due linee riesce a creare un personaggio super espressivo. Discorso analogo, anche se con qualche variazione, per Andrea Lorenzon, creatore dei Cartoni Morti.

Semplicissima, ma super efficace

Poi c’è chi disegna male, ma fa passare in secondo piano i disegni brutti perché è un genio. Mi sto riferendo ovviamente ad Hajime Isayama, creatore di Shingeki no kyojin (Attack on Titan). Io ho scoperto AoT più o meno un anno fa, guardando l’anime (qui la news sulla parte 2 della stagione finale) e solo dopo ho letto alcuni capitoli del manga. Di recente, poi, sono andato a spulciarmi i primissimi episodi del fumetto. Ebbene, si tratta di uno scempio grafico. Personaggi tutti uguali e poco espressivi, tratto confusionario, inchiostrazione pessima. Eppure, Isayama ha dato vita a una delle opere epiche migliori del nostro secolo. Tra l’altro, l’Attacco dei giganti è un ottimo esempio di come perseverare premi, perché adesso il buon Hajime disegna (quasi) benissimo.

E chi l’avrebbe mai detto che questo sarebbe stato il capitolo 1 di un’opera memorabile?

Perché faccio questo discorso? Tempo fa, una mia amica (lei sì brava a disegnare) frequentava la scuola di fumetto. E mi raccontò di alcune sue compagne di corso che non volevano assolutamente pubblicare nessuno dei propri lavori, perché non erano perfetti e avrebbero rovinato la loro reputazione. A me, a quel punto, vennero in mente i versi di un pezzo di Frankie Hi-Nrg, “Atteso imprevedibile”.

Vive nel mito di essere un mito – e gli altri non l’hanno capito – e
A questo talento sprecato vien ripetuto dal giorno che è nato che il
Suo futuro è da star, che deve solamente aspettare

Lui ne è contento e ancora non sa
Che il suo futuro è di star a guardare

Non so se è il significato che Frankie voleva dare alla sua canzone, ma io l’ho interpretata così: non aspettare, agisci, perché il tempo passa e la perfezione non la puoi raggiungere. Io non sono certo la star che chiunque vorrebbe essere, ma i miei fumettini ormai hanno un discreto successo, che solo qualche anno fa non mi sarei immaginato. Ebbene, a questi livelli ci sono arrivato iniziando a pubblicare quando disegnavo non male, peggio. A volte rivedo le mie vignette degli esordi, sono agghiaccianti (ve ne posto una qua sotto). Eppure, sono state utili. Perché un conto è correre sul tapis roulant o al parco, un conto è fare una maratona. Magari non arrivi alla fine, oppure arrivi ultimissimo, ma intanto hai partecipato e hai fatto esperienza. Hai capito come funziona. E hai fatto più strada di quanta ne avresti fatta con un semplice allenamento, per quanto duro.

Le mie vignette nel 2014. Giuro che avevo già il pollice opponibile

Ovviamente, la tecnica è importante, la teoria è fondamentale, e studiare ed esercitarsi è basilare. Però, puoi fare fumetto anche se sei assolutamente non portato per farlo. E soprattutto, non devi aspettare una irraggiungibile perfezione prima di mostrarti al mondo. Perché quando ti sentirai pronto, ammesso che tu ti senta mai davvero pronto, gli altri avranno fatto già un bel pezzo di percorso e conosceranno la strada meglio di te. E soprattutto, ultima ma non ultima morale: anche se non sai fare una cosa, non vuol dire che tu non possa provarci.

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